lunedì 8 novembre 2010

Romanzo criminale, o sarebbe meglio Favola criminale

E' notte, in uno dei tanti palazzi nobiliari del centro di Roma.
In un grande salone, pieno di specchi e affreschi che ritraggono avi più o meno famosi, un gruppo di persone, tutte in giacca e cravatta, tranne uno (che indossa un dolcevita blu scuro), discutono intorno ad un tavolo.
Le facce sono buie, nonostante la sala sia invasa dalla luce.
Da una stanza accanto arriva, attutito dalle spesse mura, un vociare chiassoso, un vociare femminile, misto a risate, a volte grasse.
Giungono anche delle note, alcune sembrano uscire da una chitarra, facendo un pò di attenzione, si riesce persino a risalire ad una canzone: si, è chiaramente una canzone napoletana...sembrerebbe 'o surdato 'nnamurato.
Ma gli uomini intorno al tavolo sembrano quasi non accorgersene, il pesante silenzio che incombe sulle loro teste, infatti, resiste bemnissimo all'assedio musicale proveniente dall'altra stanza.
Solo uno di loro, distratto dalla musica, qualche minuto prima, aveva interrotto quella strana liturgia.
E' stato quando dalla stanza accanto è arrivata, distinguibilissima, nonostante i gridolini e le trombette che la accompagnavano, una musica notissima: Disco Samba.
Uno degli uomini intorno al tavolo, appena riconosciute le note, si era alzato in piedi e con un movimento delle braccia si era messo a coreografare la canzone.
Gli sguardi fulminanti degli altri, però, lo avevano costretto a ritirarsi in buon ordine al suo posto, ma non gli avevano impedito di continuare a stare attento ai suoni della stanza accanto. Ogni tanto, infatti, si vedeva chiaramente che dondolava la testa a tempo di musica, ma bisognava dedicargli un'attenzione particolare, visto che anche gli altri uomini intorno al tavolo muovevano la testa, ma più che dondolarla, la scuotevano, come a scacciare via un pensiero.
Di colpo un rumore fortissimo riecheggia tra le antiche suppellettili, tutti sobbalzano e, come risvegliati dal torpore, volgono lo sguardo verso l'uomo seduto a capotavola.
E' in piedi, con il palmo della mano destra ancora poggiato sul tavolo, dopo la pesante manata data per attirare l'attenzione degli astanti.
"Insomma, cribbio!" esclama l'uomo con voce alterata, "siamo qui da 2 ore, e ancora non siete riusciti a trovare una via d'uscita!".
Gli uomini intorno al tavolo sono smarriti, si cercano a vicenda, incrociando gli sguardi.
L'uomo in piedi li incalza "Se non trovate una soluzione, andiamo tutti a casa. Vi avviso, se cado io, vi trascino tutti con me!".
Dopo qualche secondo di silenzio, si sente una flebile voce "...potremmo..." esordisce timidamente quello che sembra il più giovane di tutti, capello scolpito stile Big Jim e occhialetto che evidenzia uno sguardo strafottente "...dicevo, potremmo dire che sono stati i comunisti...".
"Ma fammi il piacere, Daniele!" lo interrompe bruscamente una voce profonda, "...siete rimasti solo tu e Fede a parlare ancora di comunisti in Italia: si sono estinti, ve lo volete mettere in testa, si o no??!!".
"Ha ragione Angelino" interviene l'uomo in dolcevita a capotavola "questa scusa non regge più. Dobbiamo trovarne un'altra".
Seguono altri interminabili secondi di assordante silenzio poi una voce bassa e rauca interviene "...e se invece dessimo la colpa ai musulmani?...ecco, ai servizi segreti libici! In passato ha funzionato, perchè non rispolverarli? I classici, diciamolo, sono sempre i migliori!".
"Ma dico, Ignazio, ti sei bevuto il cervello??" gli risponde imbufalito l'uomo a capotavola, "...te lo sei scordato che Gheddafi è il nostro miglior alleato africano? Vuoi mandare a puttane tutti gli affari in ballo? Sù, signori, cercate di impegnarvi un pò di più!"
"Hai ragione, Silvio" fa l'uomo abbassando gli occhi dietro gli occhialini colorati, calati sulla punta di un importante naso, "...non ci avevo pensato".
L'uomo col maglione passeggia nervosamente per tutta la stanza, guardando ripetutamente l'orologio.
Di colpo una voce squillante irrompe nel silenzio, un uomo con la testa completamente incassata nelle spalle e gli occhietti piccolissimi esclama "...ci sono! Tiriamo in ballo i russi! Non ci saranno più i comunisti, ma il KGB è ancora vivo e lotta insieme a noi!"
L'uomo in dolcevita lo guarda con stupore, poi, ripresosi, butta la testa indietro e facendo finta di prendersi a pugni da solo, sbuffa "...ma perchè tutte a me, perchè???!!!" poi, rivolgendosi verso l'uomo che aveva appena finito di parlare, lo apostrofa con parole pesanti "...ma voi ex socialisti, quando ve lo toglierete 'sto complesso di inferiorità nei confronti dei comunisti, eh? Ma dico, io, prima di aprire bocca, non puoi contare almeno fino a tre, Fabrì?! Te lo devo ricordare io chi comanda in Russia? Ti dice niente la frase 'Il lettòne di Putin', eh?".
Quello incassato il colpo, incassa la testa ancora di più, con un filo di voce, riesce solo a dire "...scusami, Silvio..." e, accompagnato dagli sguardi di disapprovazioni di tutti gli altri, riprende il suo posto.
L'uomo in dolcevita termina di passeggiare, dà un'altra occhiata all'orologio e riprende il suo posto a capotavola. Nel sedersi, nota che in fondo al tavolo un uomo agita il braccio destro poggiato sulla mano sinistra, col dito puntato in alto. Sta per rimproverarlo, pensando che stia ancora ballando il Disco samba, ma si accorge che vuole intervenire. Con un cenno della mano gli fa capire che può parlare. Si alza tutto contento e agitato e "...ahò, perchè nun dimo che è stato Tulliani, er cognato de Fini?? eh?" e, con sguardo stralunato, cerca consensi negli sguardi degli altri i quali non ricambiano, anzi, si sforzano di guardare in tutt'altre direzioni.
L'uomo a capotavola si copre la faccia con le mani e si abbandona sul tavolo.
Sta per ribattere, riesce solo a dire "...Maurizio..." quando lo interrompe una voce cavernosa, cupa, impastata, a tratti incerta.
Una voce, quasi un rantolo, che proviene dall'unico angolo completamente buio della stanza.
L'uomo non è seduto al tavolo con gli altri e anzi, gli altri, fino a quel momento, non s'erano neanche accorti della sua presenza, anche se percepivano un forte odore di sigaro (non acceso) di scarsa qualità.
Tutti, un pò intimoriti, si girano nella direzione della voce.
Vedono dapprima una fiamma, un accendino, verosimilmente. Poi una brace. Infine una nuvola di fumo, che investe in pieno l'uomo con lo sguardo stralunato, facendolo tossire rumorosamente.
Da dentro la nuvola, compaiono prima l'inconfondibile forma a goccia di un paio di Ray Ban, e poi una smorfia incastonata in un volto immobile.
"Ce l'ho io la soluzione: diciamo che sono stati quei terroni di mafiosi".
L'uomo a capotavola riemerge, un sorriso gli si apre da orecchio, a orecchio, svelando un'improbabile dentatura. Scatta in piedi e, raggiante, esclama "Umberto, meno male che ci sei tu! Come fare senza di te, amico mio?!", si abbassa su un interfono, posto sul tavolo e, dispone: "Maurizio, Vittorio, avete sentito? Via con i titoloni!", poi, dirigendosi verso la porta, :"Daniele, indossa la faccia più preoccupata che hai, e vai a dare l'annuncio urbi et orbi! Tutti gli altri...fora di ball...che ho un app...ehm, un'importantissima riunione con alcuni importanti imprenditori stranieri che vogliono investire in Italia. Via, tutti via!" e, infilata la porta, scompare seguito da un o stormo di guardie del corpo mentre dalla stanza accanto, quella in direzione della quale è andato l'uomo, arrivano abbastanza distintamente le parole di una canzone, intonata da un coro di voci femminili: ♪♫♪♪...meno male che Silvio c'èèèèèè...♪♫♪♪


Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.




http://marcomedaglia.blogspot.com/2010/11/romanzo-criminale-o-sarebbe-meglio.html

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella questa favola! Sembra quasi vera....

Anonimo ha detto...

Che dire...onestamente da te mi aspettavo di più...
S.A.

Anonimo ha detto...

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