venerdì 7 novembre 2008

Obama, analisi di un'euforia (quasi) collettiva

Alla fine, ha vinto veramente lui.
In barba all'effetto Bradley, e anche all'effetto Dinkins, Barack Hussein Obama ha stravinto le presidenziali USA, confermando, quasi in pieno, i sondaggi della vigilia.
E così, per la prima volta nella storia statunitense, un uomo di colore sarà Presidente, l'uomo più potente al mondo.
Con buona pace del nano di Arcore, che vedrà surclassato il suo successo elettorale, questa sarà la notizia dell'anno, ma forse anche della storia, vista l'importanza di questa elezione.
Una volta tanto, i politici italiani non sono saliti sul in corsa carro del vincitore.
Uòlter conosce e sponsorizza Obama da diverso tempo ormai e (quasi) tutta la sinistra italiana ha sempre fatto il tifo per lui, anche durante le primarie, quindi una volta tanto, hanno avuto ragione sin dall'inizio, ma da qui ad esultare come se a vincere fossero stati loro, da qui a far finta di dimenticare la disastrosa campagna elettorale italiana e le sberle prese dal centro (?)-destra alle elezioni, ce ne corre, e parecchio pure!
Ieri ho sentito una meravigliosa battuta, che più o meno recitava "ok, abbiamo vinto in Ohio, ora riprendiamoci l'Abruzzo!"
Tanto entusiasmo non è giusificato e, soprattutto stride con la politica di Obama e con il suo modus operandi.
Se Obama fosse stato un politico italiano, il buon Veltroni lo avrebbe scaricato da tempo; facendo le debite proporzioni, in Italia Obama sarebbe un estremista di sinistra, siederebbe tra Vendola e Ferrero, non certo tra la Binetti e Colaninno.
Obama ha delle idee, e non ha pura di esporle, con forza e coraggio.
Obama ha vinto perchè ha dato voce a tutte quelle persone che non si sentono rappresentate da questa politica.
I democratici italiani, invece, hanno fatto di tutto per non prendere posizione su niente, per evitare di perdere questo o quel consenso, e invece della politica del "we can", hanno portato avanti la politica del "ma anche".
Dall'altra parte, invece, il nano, le ballerine e i clowns, hanno preso per il culo milioni di persone, cavalcando proprio le indecisioni e le divisioni che regnavano a sinistra, facendosi riconsegnare il paese, in modo da terminare il lavoro di disfacimento interrotto un paio d'anni fa.
C'è da dire, comunque, che, tranne qualche voce isolata, anche nel centro-destra si sono comportati con coerenza.
In scia con le illuminate e profetiche dichiarazioni di tempo fa del nostro Presidente della Camera, che sosteneva che gli USA non erano pronti per un Presidente di colore, e in sintonia con il lega-pensiero, che ama soprannominare le persone di colore "bingo-bongo", in pochi minuti questi geniacci dell'italica destra sono riusciti a farci fare due figure di merda di bibliche proporzioni.
Il puntualissimo Gasparri non ha perso tempo e, in diretta radiofonica, ha farneticato su un oscuro passato di Obama e su una presunta felicità di Al Qaeda per il risultato elettorale.
Non s'è fatta attendere la replica di Re Silvio (che al contrario di Re Mida, trasforma in merda tutto quello che tocca), dalla Russia ha sfoggiato il suo famosissimo sense of houmor definendo Obama un giovane abbronzato.
Non potendo, come al suo solito, smentire se stesso o sostenere di aver voluto dire altro (il meraviglioso mondo di Frà Inteso!), ha dato dell'imbecille a tutti quelli che hanno criticato le sue "carinerie" nei confronti di Obama, elargendo lauree da coglione (aridaje! e sò ddue!) a tutti.
Peccato per lui che, almeno questa volta, non sono stati i soliti Travaglio, Grillo e Di Pietro a dargli addosso, ma la gaffe ha fatto, in pochi minuti, il giro del mondo suscitando l'imbarazzo di tutti gli italiani, tanto da ingolfare il sito del nytimes.
Obama ha scelto, invece, l'arma migliore, l'unica in grado di distruggero questo dannosissimo personaggio: lo ha ignorato!
Ho molto apprezzato, in merito, il commento di Michele Serra: è soltanto uno sciocco!
E poi, e poi ci siamo noi, comuni mortali di sinistra, che abbiamo sempre guardato con sospetto oltre oceano ma che nutriamo nei confronti degli USA un grande senso di riconoscenza per averci liberato dal nazifascismo (anche se ci piacerebbe affrancarci da quel senso di debito infinito!), che abbiamo subito 8 anni di Bush e che adesso ci riscopriamo, di colpo, statunitensi, folgorati da questo "giovane abbronzato" che incarna tutto ciò che a noi manca.
Guardiamo Obama, che dal palco ringrazia i gay, e poi dobbiamo confrontarci con la Binetti; sentiamo Obama che dice che solo l'istruzione salva dalla povertà, e poi ci appare la Gelmini (qui niente link, basta la parola!); leggiamo che Obama, figlio di immigrati Kenyani, è Presidente degli USA, mentre da noi c'è chi gli immigrati vorrebbe sterilizzarli!
Il mio, il nostro, entusiasmo per l'elezione di Obama è frutto di una enorme invidia.
Perchè noi un Obama non ce l'abbiamo, e, cò 'sti chiari di luna, non ce l'avremo manco a breve (...se Andreotti e Cossiga sono ancora là!), ma l'invidia si tramuta in rabbia quando scopriamo che non ci potremo accontentare manco di un McCain, che preso atto della sconfitta, non ha gridato ai brogli, non ha scaricato una vagonata di merda su Obama, non ha paventato un'invasione comunista o un pericolo musulmano, ha invece sottolineato la portata storica dell'evento, ha fatto i complimenti all'avversario e gli ha offerto sostegno e aiuto per guidare il paese fuori dalla crisi.
Nel frattempo, da noi, il bagaglino continuava ad offrire il suo penoso spettacolo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

in tutto questo, la proposition 8 passata in california stona un po', però. vedremo, vedremo che succederà da gennaio in poi. io sono curioso.

Unknown ha detto...

mAh.
non so se vorrei un Obama qui da noi. prima di incensarlo a santo aspetterei qualche tempo.
certo è che vorrei non avere chi abbiamo noi.